venerdì 5 ottobre 2007
Il Libanese aveva un'ossessione, Voleva diventare il re di Roma.
IO SONO IL LIBANESE
di Giancarlo De Cataldo
Sono passati dieci anni dalla prima edizione di Romanzo criminale, il capolavoro di De Cataldo ispirato alla storia vera - e tristemente nota - della banda della Magliana: nel frattempo, il romanzo è diventato prima un film, diretto da Michele Placido e interpretato da alcuni dei più grandi attori del nuovo cinema italiano (Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria, Stefano Accorsi, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Elio Germano, solo per citarne alcuni), poi una serie cult, che ha incollato allo schermo milioni di telespettatori e ha ricevuto riconoscimenti dalla critica internazionale. Oggi, i protagonisti di Romanzo criminale tornano in una storia dal ritmo trascinante, Io sono il Libanese, che accompagna i personaggi dall'ottobre del 1976 fino all'incontro con «Freddo» e al rapimento del barone Rosellini con cui si aprirà la «carriera» della banda. A dominare la scena, ancora una volta, è Pietro Proietti, detto il Libanese. È solo un ragazzo di strada quando lo incontriamo - in carcere, «dove possono nascere grandi cose» - ma ha già un sogno: diventare il Re della Roma criminale. Con lui ci sono i compagni di sempre, Dandi, Bufalo, Scrocchiazzeppi. E poi c'è Giada, ragazza di buona famiglia, con cui il Libanese è destinato a incontrarsi e scontrarsi, soprattutto a farsi del male. Giancarlo De Cataldo torna al romanzo con uno dei suoi personaggi più memorabili, nel «capitolo zero» della storia criminale più famosa d'Italia.
Il Libanese aveva venticinque anni, un nome di battaglia che conoscevano ancora in pochi, troppo pochi, e un'ossessione. Voleva diventare il re di Roma. L'avevano preso per una storia di armi, e si era subito messo al lavoro: dal carcere potevano nascere grandi cose. I camorristi dettavano legge, i romani chinavano il capo. I romani dormivano. Il suo compito: svegliarli. Aveva sondato il terreno con uno spacciatore del Tufello, un cassettaro di Borgo Pio, un giovane rapinatore della Borghesiana e un usuraio di piazza del Fico. Niente da fare. Finché si manteneva sul vago, lo stavano a sentire, sembravano persino interessati. Eh, certo, Roma nun è piú quella de 'na vorta… qua le cose nun vanno… nun semo piú padroni a casa nostra… tocca inventasse quarche cosa… Ma appena si azzardava a scendere sul concreto, partivano moccoli e scaracchie. Che? Un progetto? Organizzazione? Ma noi siamo già organizzati. Ognuno ci ha la sua batteria, e basta e avanza, ché a Roma, se sa, due semo troppi, e tre è già 'na folla. Che te sei messo in testa, 'a Libano? De pensa' in grande? Te voi inventa' 'na banda? Ma nun è pane pe' li denti tua… e poi, a pensare in grande c'è già il Terribile. Sì, certo, come no.
I romani non erano gruppo, non erano squadra, non erano niente di niente. E lui, che li voleva coesi,
determinati, invincibili, lui era solo un sognatore. Il Libanese si era sentito meschino, invisibile. Aveva vacillato. Pensava seriamente di cambiare vita. Trovarsi un lavoro, una donna.
Forse non era cosa per uno nato e cresciuto nei vicoli di Trastevere. Forse davvero Roma non vuole un re perché non è piú regina di niente. È solo una vecchia cortigiana stanca, che succhia l'ultimo sangue ai suoi giovani figli e quando ne ha abbastanza li getta via.
Giancarlo De Cataldo, Io sono il Libanese
Roma, 1976. Un anno prima che tutto accada. Il Libanese freme. Il Libanese ha tre amici, Dandi, il Bufalo, Scrocchiazeppi. Passa con loro da un colpetto all'altro, tiene le armi delle altre bande. Il Terribile, che aspira a diventare il capo dei capi, tratta lui e gli altri pischelli come miserabili. Ma il Libanese non è uno dei tanti. Il Libanese ha un sogno. Un sogno ancora troppo grande per lui. Poi, una sera, il Libanese incontra Giada. Lei è bella, ricca, inquieta. Lei vuole cambiare le cose. Lei vuole fare la rivoluzione. Giada appartiene a un altro mondo. Il Libanese ne è stregato. E nello stesso tempo comincia a intuire che proprio da quel mondo potrà venire l'idea che gli permetterà di rendere il suo sogno una realtà. È grazie a lei, inconsapevole guida, che il Libanese penetra nel mondo dei ricchi, prima come pusher di un grande artista schiavo dell'eroina, e poi organizzando, con i suoi compari, un primo sequestro di persona (preludio di quello che segnerà, appena pochi mesi dopo, la nascita della Banda): il sequestro di un ricchissimo palazzinaro, padre di Sandro, l'amico del cuore di Giada...
L'AUTORE Giancarlo De Cataldo è nato a Taranto e vive a Roma. Per Einaudi Stile libero ha pubblicato: Teneri assassini (2000); Romanzo criminale (2002); Nero come il cuore (2006, il suo romanzo di esordio); Nelle mani giuste (2007); Onora il padre. Quarto comandamento (2008) ; Il padre e lo straniero (2010); con Mimmo Rafele, La forma della paura (2009), Trilogia criminale (2009) e I Traditori (2010). Ha curato le antologie Crimini (2005) e Crimini italiani (2008). Suoi racconti compaiono anche nelle antologie The Dark Side (2006) e Omissis (2007). Dopo la fortunata versione cinematografica di Michele Placido, tra il 2008 e il 2009 Sky ha mandato in onda una serie tv ispirata a Romanzo criminale. Per Einaudi Stile Libero ha pubblicato, con Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, Giudici (2011). Nel 2012, sempre per Einaudi Stile libero, è uscito Io sono il Libanese.
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