mercoledì 15 settembre 2010

articolo preso dal blog di Gad Lerner, pubblicato il 4 novembre 2008

Paolo Guzzanti e la “Mignottocrazia”. Il sottotitolo provvisorio, non si sa se diventerà definitivo, è: La sera andavamo a ministre. Il libro è atteso alle stamperie dell'editore Aliberti, ma l'autore non riesce a chiudere i capitoli e dichiara: "Ogni giorno salta fuori una notizia macroscopica sul tema, che mi costringe a riaprire i capitoli".

Paolo Guzzanti da giovane riuscì a riciclare la sua incontinenza verbale in talento giornalistico. Oggi riesplode pirotecnica contro il ministro Carfagna, colpevole di una carriera politica ingiustificabile se non -a suo dire- per meretricio. Che lui descrive nel dettaglio della prestazione, manifestando scandalo per la capricciosità con la quale Lui, il Capo, si arroga il diritto di favorire gli intimi destinandoli a incarichi per cui non hanno la dovuta competenza.
Coniato il neologismo “mignottocrazia”, senza risparmiarci neppure l’esplicito riferimento all’uccello sovrano e ai servizi da esso ricevuti, Guzzanti parrebbe l’inventore di una nuova forma di dissenso politico. Ma non è così, purtroppo. Così com’era inefficace, la sera in cui il Capo difese Putin e criticò il governo georgiano, replicargli con un “Berlusconi mi fa vomitare”.
Dovremmo apprezzare il coraggio? O unirci a lui nel complice sogghigno? O rintracciare per li rami della genealogia guzzantiana le analogie contenutistiche con la satira filiale? Io che a Guzzanti ho voluto bene, e l’ho stimato come collega, ci vedo purtroppo solo l’esito terminale di una dissipazione. E la di lui scoperta di quanto il linguaggio viriloide della destra possa risolversi in massacro. A chiosa del suo primo intervento critico pubblicato dal “Giornale” un mese fa, ricordo un corsivetto al curaro. Gli si garantiva totale libertà d’espressione, almeno fin tanto che lui non traslocasse in altra testata. Salvo ammonire i futuri destinatari dei suoi pezzi circa la fatica necessaria a passarli, per via delle loro sgrammaticature. Così si buca la pancia a uno dei maestri della scrittura giornalistica, da quelle parti.
Verrebbe da dire: Paolo, ben ti sta. Hai avuto bisogno di veder insolentire tua figlia a tutela della Carfagna, per accorgerti della menzogna in cui ti eri arruolato per dispetto a Scalfari, Mauro e la sinistra da cui provenivi? E ora vorresti che scegliamo tra te, novello Pasquino, e la signora ministro di cui irridi le prestazioni? Tra la padella e la brace?
Che la Carfagna trasudi inautenticità, se ne avvedono tutti senza bisogno di scadere nella misogenia italica. Ma che la tua autenticità sappia d’amaro come la bile, è l’esito doloroso di un itinerario già scritto.

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