Le cronache ufficiali vogliono indicare Jack Dorsey come l'inventore unico dell'Instant Push a 140 caratteri più famoso al mondo:TWITTER. In lui si vuol veder rivivere il percorso di Steve Jobs, ma le cose non stanno così. Il geniaccio Noah Glass, che rese possibile con le sue intuizioni la nascita e lo sviluppo del social network ne fu estromesso in malo modo, e la storia assomiglia più ad una battaglia di potere con colpi non certo amichevoli che alla storia di un gruppo di amici che partono da un garage per arrivare al successo, facendo rivivere ancora una volta il sogno americano. Ma la razza umana è fatta così, vuole un solo capo, un uomo solo al comando, e quindi tende a scegliere quello più capace a convincere gli altri di essere il più bravo. La storia ci insegna che quasi mai quello capace e quello che riesce a convincere di essere capace sono la stessa persona. Massimo De Muro
Fondata da un’estrosa squadra di fanatici della tecnologia, nel 2005 Odeo era una start up di San Francisco con tante belle speranze e poco futuro. Sotto le sue ceneri, però, covava un bizzarro e ambizioso progetto, destinato a trasformarsi ben presto – contro ogni ragionevole pronostico – in un’autentica rivoluzione nel modo di comunicare di milioni di persone in tutto il mondo. Nick Bilton, giornalista del «New York Times», ricostruisce in queste pagine per la prima volta l’intera storia di Twitter, spiegandoci le ragioni del suo clamoroso quanto inaspettato successo. Attraverso una minuziosa indagine, compiuta esaminando carte ed e-mail riservate, e intervistando decine di persone che hanno assistito alla gestazione e alla nascita del social network a 140 caratteri, Bilton ci offre un vivido ritratto dei suoi quattro inventori: Evan Williams, il tranquillo ragazzo di campagna che aveva già cambiato il volto di Internet diffondendo, e rendendo molto remunerativo, l’uso dei «blog»; Jack Dorsey, che dopo essersi tagliato i dreadlocks azzurri contribuì a elaborare l¿idea originale ed è ora acclamato come il successore di Steve Jobs; Christopher Stone, burlone e diplomatico nonché coscienza morale del team, l’unico a restare in buoni rapporti con gli altri tre quando fra loro scoppiò una profonda e insanabile rivalità; Noah Glass, il timido ma visionario nerd che, nonostante avesse profuso ogni energia creativa nel nuovo progetto, ne fu brutalmente estromesso, e il suo nome cancellato dalla storia ufficiale della società. Già, perché il cammino di Twitter è costellato di piccoli e grandi drammi, amicizie tradite e feroci lotte di potere; del resto, la posta in gioco era altissima: il controllo di un servizio che, in appena sei anni, era andato ben oltre le intenzioni originarie di fornire ai giovani uno strumento per scambiare in tempo reale opinioni con gli amici, diventando un mezzo di comunicazione universale di straordinaria efficacia, usato sia dalle aziende per commercializzare i loro prodotti sia dai cittadini per combattere l’oppressione politica, come ha dimostrato l’esplosione della Primavera araba. Un servizio web che oggi vale 11,5 miliardi di dollari e conta quasi 300 milioni di utenti, fra cui alcuni dei personaggi più influenti del pianeta, come Barack Obama e papa Francesco, che hanno scelto i «cinguettii» per far sentire a tutti la loro voce.
Fondata da un’estrosa squadra di fanatici della tecnologia, nel 2005 Odeo era una start up di San Francisco con tante belle speranze e poco futuro. Sotto le sue ceneri, però, covava un bizzarro e ambizioso progetto, destinato a trasformarsi ben presto – contro ogni ragionevole pronostico – in un’autentica rivoluzione nel modo di comunicare di milioni di persone in tutto il mondo. Nick Bilton, giornalista del «New York Times», ricostruisce in queste pagine per la prima volta l’intera storia di Twitter, spiegandoci le ragioni del suo clamoroso quanto inaspettato successo. Attraverso una minuziosa indagine, compiuta esaminando carte ed e-mail riservate, e intervistando decine di persone che hanno assistito alla gestazione e alla nascita del social network a 140 caratteri, Bilton ci offre un vivido ritratto dei suoi quattro inventori: Evan Williams, il tranquillo ragazzo di campagna che aveva già cambiato il volto di Internet diffondendo, e rendendo molto remunerativo, l’uso dei «blog»; Jack Dorsey, che dopo essersi tagliato i dreadlocks azzurri contribuì a elaborare l¿idea originale ed è ora acclamato come il successore di Steve Jobs; Christopher Stone, burlone e diplomatico nonché coscienza morale del team, l’unico a restare in buoni rapporti con gli altri tre quando fra loro scoppiò una profonda e insanabile rivalità; Noah Glass, il timido ma visionario nerd che, nonostante avesse profuso ogni energia creativa nel nuovo progetto, ne fu brutalmente estromesso, e il suo nome cancellato dalla storia ufficiale della società. Già, perché il cammino di Twitter è costellato di piccoli e grandi drammi, amicizie tradite e feroci lotte di potere; del resto, la posta in gioco era altissima: il controllo di un servizio che, in appena sei anni, era andato ben oltre le intenzioni originarie di fornire ai giovani uno strumento per scambiare in tempo reale opinioni con gli amici, diventando un mezzo di comunicazione universale di straordinaria efficacia, usato sia dalle aziende per commercializzare i loro prodotti sia dai cittadini per combattere l’oppressione politica, come ha dimostrato l’esplosione della Primavera araba. Un servizio web che oggi vale 11,5 miliardi di dollari e conta quasi 300 milioni di utenti, fra cui alcuni dei personaggi più influenti del pianeta, come Barack Obama e papa Francesco, che hanno scelto i «cinguettii» per far sentire a tutti la loro voce.
L’AUTORE Nick Bilton è commentatore e reporter del «New York Times» di cui gestisce il popolare Bits Blog, dove discute dei rapporti presenti e futuri fra tecnologia informatica, web e società.
È autore di Io vivo nel futuro (2011).
È autore di Io vivo nel futuro (2011).
Nessun commento:
Posta un commento