«Sono tante le facce di italiani perbene che mi tornano in mente. Facce stravolte, voci strozzate, gesti duri. I tartassati dalla crisi, quelli presi a calci dalle istituzioni e dalle banche. I piccoli e medi imprenditori onesti sono i nuovi eroi italiani. Mai avrei pensato di arrivare a scriverlo. E dedicare loro il mio primo libro. Raccontando otto imprese eccezionali nel cuore della recessione. Al di là della retorica del padroncino spolpato da Equitalia, nel crac italiano di questi mesi c’è anche molta improvvisazione, tanta cialtroneria. L’incapacità di reggere la competizione. La crisi sta facendo selezione, liberandoci di chi è inadeguato a stare sul mercato, dei mille furbetti che sono rimasti immeritatamente a galla nella grande palude. La crisi inghiotte le nostre imprese a ritmi impressionanti, e nel caos muoiono i sani e i malati. Ma se vogliamo raccontare cosa c’è domani, non possiamo fermarci ai defunti. Non lo scrivo per buonismo o spirito di patria: per come siamo messi oggi, il pessimismo è un sentimento onesto. E non è con l’ottimismo elettorale che ci caveremo fuori dai guai.
Però limitarsi a raccontare chi è caduto e chi cadrà non basta più. Io ho due figlie e sto tentando di capire se l’Italia è ancora un Paese per loro. Perciò ho preso la macchina e percorso il nostro Paese da Nord a Sud. Imbattendomi nell’Italia che ci crede, nonostante il vento cattivo che soffia contro.
Le persone che conoscerete in queste pagine sono generose, creative, orgogliose ed egocentriche. Ho cercato prodotti speciali, visioni curiose, intenti maniacali.
Ho trovato imprenditori geniali. Incazzati, disillusi e un po’ folli, però mai stanchi di provarci. C’è un filo che lega tutte le storie: il talento incredibile delle donne e degli uomini che hanno portato al successo le loro imprese. Per opporsi al declino, hanno sviluppato la fantasia e il senso di comunità. Riuscendo a moltiplicare i fatturati in situazioni disperate. E dimostrando che in Italia la crisi si può ancora vincere. Che il made in Italy è la memoria di ciò che eravamo e rischiamo di non essere più. Che solo coinvolgendo i giovani nelle aziende si possono tenere accesi sogni e desideri. Perché non può esserci impresa impossibile senza umanità.»
Corrado Formigli
Però limitarsi a raccontare chi è caduto e chi cadrà non basta più. Io ho due figlie e sto tentando di capire se l’Italia è ancora un Paese per loro. Perciò ho preso la macchina e percorso il nostro Paese da Nord a Sud. Imbattendomi nell’Italia che ci crede, nonostante il vento cattivo che soffia contro.
Le persone che conoscerete in queste pagine sono generose, creative, orgogliose ed egocentriche. Ho cercato prodotti speciali, visioni curiose, intenti maniacali.
Ho trovato imprenditori geniali. Incazzati, disillusi e un po’ folli, però mai stanchi di provarci. C’è un filo che lega tutte le storie: il talento incredibile delle donne e degli uomini che hanno portato al successo le loro imprese. Per opporsi al declino, hanno sviluppato la fantasia e il senso di comunità. Riuscendo a moltiplicare i fatturati in situazioni disperate. E dimostrando che in Italia la crisi si può ancora vincere. Che il made in Italy è la memoria di ciò che eravamo e rischiamo di non essere più. Che solo coinvolgendo i giovani nelle aziende si possono tenere accesi sogni e desideri. Perché non può esserci impresa impossibile senza umanità.»
Corrado Formigli
L’AUTORE Corrado Formigli, classe 1968, conduce ogni lunedì «Piazzapulita» su La7. Ha iniziato a fare il giornalista nella redazione fiorentina di «Paese Sera». Nel 1991 si trasferisce a Londra e inizia a collaborare con «il manifesto». Nel 1994 passa alla tv con Michele Santoro, è inviato di tutti i suoi programmi in Rai e Mediaset fino al 2002. Nel 2003 partecipa alla nascita di Sky tg24. Per l’emittente di Murdoch conduce ogni sera la nightline «Controcorrente» e realizza, fra l’altro, l’intervista scoop ad Abu Omar, l’imam rapito a Milano dalla Cia. Dal 2008 al 2011 è stato autore e inviato di «Annozero». Ha viaggiato molto e raccontato le guerre e i principali eventi politici e sociali degli ultimi vent’anni. Con i documentari sulle stragi islamiste in Algeria e l’apartheid in Sudafrica ha vinto due volte il premio Ilaria Alpi.
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