La vita appesa a un filo
La Lega dentro un Cerchio
«La malattia ti cambia.
Io prima ero una belva. Un motore a scoppio che andava sempre. Potevo stare una settimana senza dormire. Queste cose non le posso fare più.» L’11 marzo 2004 L’evento che cambierà per sempre la storia di Umberto Bossi e quella della Lega arriva l’11 marzo 2004. Per il mondo intero è il giorno degli attentati terroristici alla stazione Atocha di Madrid: 191 morti, 1841 feriti. Per l’Italia è (anche) il giorno del malore del capo della Lega. La prima agenzia viene battuta dall’Ansa alle 9.54: «Umberto Bossi è stato colpito da un sospetto infarto con edema polmonare. È questa la prima diagnosi che hanno fatto i medici dell’ospedale di Cittiglio, nel Varesino, dove il leader leghista è stato ricoverato.
Le condizioni del leader della Lega hanno consigliato di trasferirlo all’ospedale di Varese». È lì che a metà mattina arrivano di corsa i primi cronisti, le prime telecamere e i maggiorenti della Lega, che entrano alla spicciolata. E quando escono non fanno dichiarazioni, hanno gli occhi lucidi. Si parla prima di un piccolo infarto. Poi di ictus. Poi di nuovo di attacco cardiaco con perdita di conoscenza e danni gravissimi al cervello. Da subito le notizie sul malore appaiono imprecise e frammentarie. Circostanza consueta in questi casi, dove sempre prevale il riserbo dei sanitari e quello della famiglia, moltiplicato dallo spavento e dalla confusione. Meno nor- male che con il passare del tempo la ricostruzione del malore di Bossi, anziché semplificarsi in una versione soltanto, quella ufficiale, diventi sempre più vaga, più incompleta, più misteriosa. Quando è avvenuto il malore, di notte o all’alba? E dove?
continua
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