NAPOLEONE A VENEZIA
di Alvise Zorzi
II 26 maggio 1805 Napoleone, da poco divenuto imperatore dei francesi, si incorona re d'Italia. Venezia, ancora in mano agli austriaci dopo le convulse vicende della Rivoluzione, torna sotto il controllo francese. Nella visione di Napoleone, la città è destinata a diventare una importante capitale del suo Impero. Con la consueta combinazione di verve narrativa e rigore storico, Alvise Zorzi racconta l'intenso decennio della Venezia napoleonica: la soppressione degli ordini religiosi, le grandi opere pubbliche (il Palazzo reale in quella che ancora oggi si chiama l'ala napoleonica di piazza San Marco), l'annessione della Dalmazia, II quadro di questo periodo vivace e vitale si conclude nel 1814 con la caduta di Napoleone e il ritorno di Venezia con l'intero Veneto all'impero d'Austria.
Codice Nopoleonico
Durante l'esilio a Sant'Elena, Napoleone sottolineò più volte che la sua opera più importante, quella che sarebbe passata alla storia più delle centinaia di battaglie vinte, sarebbe stata il suo codice civile, il Codice napoleonico. Indubbiamente, la sua frase colse nel segno.
Il Codice napoleonico legittimò alcune delle idee illuministiche, fu esportato in tutti i paesi dove giunsero le armate di Napoleone, fu preso a modello da tutti gli Stati dell'Europa continentale e ancora oggi è la base del diritto italiano. Istituita l'11 agosto 1799, la commissione incaricata di redigere il codice civile (composta dal Secondo Console Jean-Jacques Régis de Cambacérès e da quattro avvocati), fu presieduta molto spesso dallo stesso Napoleone, il quale ne leggeva le bozze durante le campagne militari e inviava a Parigi, dal fronte, le sue idee sul progetto.[21] Il 21 marzo 1804 il Codice Civile, immediatamente ribattezzato Codice napoleonico, entrava in vigore.
Il Codice eliminava definitivamente i retaggi dell'ancien régime, del feudalesimo, dell'assolutismo, e creava una società prevalentemente borghese e liberale, di ispirazione laica, nella quale venivano consacrati i diritti di eguaglianza, sicurezza e proprietà. Tra i principi della Rivoluzione, venivano salvaguardati quelli della libertà personale, dell'uguaglianza davanti alla legge, della laicità dello Stato (già sancita dal Concordato) e della libertà di coscienza, della libertà del lavoro. Il Codice era stato però pensato e redatto soprattutto per valorizzare gli ideali della borghesia; perciò andava soprattutto a regolamentare questioni riguardanti i contratti di proprietà e la stessa legislazione riguardante la famiglia era di natura contrattualistica.[22] La struttura familiare che il Codice consacra è di tipo paternalistico: il padre può far imprigionare i figli per sei mesi senza controllo delle autorità e amministra i beni della moglie. Veniva tuttavia garantito il divorzio, benché reso più complesso rispetto all'epoca rivoluzionaria.
Per l'Italia il valore del Codice napoleonico fu fondamentale, poiché esso fu portato negli stati creati da Napoleone e confluì poi nel codice civile italiano del 1865. Di eguale valore e importanza sono anche gli altri codici: quello di procedura civile, emanato nel 1806, quello del commercio (1807), quello di procedura penale (1808) e il codice penale del 1810.
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