lunedì 8 giugno 2015

UN ARDENTE E APPASSIONATO AMORE PER IL CALCIO, PER LO SPORT INTESO ANCHE COME ETICA E SCUOLA DI VITA, CAPACE DI FORMARE IL DESTINO NON SOLO DI UN UOMO, MA ANCHE DEI GIOVANI DI UN INTERO PAESE. CALCIO CHE GLI HA DATO E GLI HA TOLTO TANTO...«COME FA LA FIAMMA CHE DÀ UNA GRANDE LUCE, SI SPEGNE PRESTO MA SOPRATTUTTO ILLUMINA IL CIELO». OGGI, AL TERMINE DI UNA FECONDA ESPERIENZA CON LE NAZIONALI GIOVANILI, L'UOMO CHE IL «TIMES» HA NOMINATO NEL 2007 «IL MIGLIOR ALLENATORE ITALIANO DI TUTTI I TEMPI» HA DECISO DI PRENDERSI UN MERITATO RIPOSO E DI METTERE SU CARTA LE SUE MEMORIE. VUOLE SOLO TORNARE A ESSERE UN UOMO NORMALE, GODERSI LA FAMIGLIA E DISPENSARE CONSIGLI NON PIÙ A CARLO ANCELOTTI O A RUUD GULLIT, MA ALLA SUA ADORATA NIPOTINA. (redazione)

CALCIO TOTALE
di Arrigo Sacchi
Mondadori Editore
ebook euro: 9,99
Lo scudetto all’esordio in serie A con il grande Milan; la partita perfetta contro il Real Madrid, trafitto cinque volte; Barcellona invasa da ottantamila milanisti per il più grande esodo calcistico della storia; la finale vinta con lo Steaua, per la sua prima Coppa dei Campioni; l’epopea del mondiale americano del ʼ94, con la finale raggiunta grazie al gioco e alla forza della disperazione, trascinando al tifo un’intera nazione: questi sono alcuni gloriosi momenti della vita di Arrigo Sacchi, il «profeta di Fusignano». È proprio a partire dal piccolo paese natale a una trentina di chilometri da Ravenna che si sviluppa il racconto autobiografico di Arrigo: il padre gli regala il primo pallone e lui è il bambino più felice del mondo, gioca terzino sinistro ma capisce subito di non essere tagliato per il «calcio giocato». Sarà Alfredo Belletti, bibliotecario e maestro di vita, il primo a suggerirgli un’altra via per rimanere nell’ambiente: «Se non puoi giocare, fa’ l’allenatore!». In questo libro, scritto con penna sincera e ricco di humour romagnolo, Sacchi ci spiega che cosa ha significato per lui «fare l’allenatore»: lasciare il posto sicuro in una fabbrica di scarpe e scegliere un lavoro ricco di incognite e, all’inizio, non certo remunerativo; spaccare in due il mondo del giornalismo sportivo e del tifo con l’integralismo della sua filosofia calcistica, una versione riveduta e corretta del «calcio totale» olandese che ha segnato uno spartiacque nella storia dell’Italia del pallone; avere a che fare con presidenti del calibro di Silvio Berlusconi e Florentino Pérez; passare notti insonni a preparare partite e a studiare gli avversari, sempre più divorato dall’ansia di prestazione e dallo stress. Lo guiderà, in ogni tappa della sua incredibile carriera (in quattro anni sulla panchina del Milan ha vinto uno scudetto, una Supercoppa italiana, due Coppe dei Campioni, due Supercoppe europee e due Coppe Intercontinentali), un ardente e appassionato amore per il calcio, per lo sport inteso anche come etica e scuola di vita, capace di formare il destino non solo di un uomo, ma anche dei giovani di un intero Paese. Calcio che gli ha dato e gli ha tolto tanto, «come fa la fiamma che dà una grande luce, si spegne presto ma soprattutto illumina il cielo». Oggi, al termine di una feconda esperienza con le nazionali giovanili, l’uomo che il «Times» ha nominato nel 2007 «il miglior allenatore italiano di tutti i tempi» ha deciso di prendersi un meritato riposo e di mettere su carta le sue memorie. Vuole solo tornare a essere un uomo normale, godersi la famiglia e dispensare consigli non più a Carlo Ancelotti o a Ruud Gullit, ma alla sua adorata nipotina.
AUTORE Arrigo Sacchi è nato nel 1946. Il «profeta di Fusignano» deve al suo paese, oltre al soprannome, anche i primi rudimenti calcistici. Dopo aver allenato nelle serie minori, arriva al Parma e da lì, nel 1987 compie il grande salto verso il Milan, dove in sole quattro stagioni vincerà due Coppe dei Campioni, uno Scudetto, una Supercoppa italiana, due Supercoppe Europee e due Coppe Intercontinentali. I successi in rossonero gli valgono la nomina a commissario tecnico della Nazionale dove resterà dal 1991 al 1996, conquistando un secondo posto ai Mondiali statunitensi del 1994. Nel 2000 abbandona l’allenamento e alterna l’attività di opinionista con incarichi da direttore tecnico. Dal 2010 al 2014 è stato coordinatore tecnico delle Nazionali giovanili.

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