lunedì 22 ottobre 2007

Paolo Borsellino. Una storia di orrore e menzogna


IL VILE AGGUATO.
Chi ha ucciso Paolo Borsellino.
Una storia di orrore e menzogna
di Enrico Deaglio

Venti anni di indagini, rivelazioni, depistaggi… Così Borsellino continua a essere ucciso e noi siamo condannati a non sapere mai la verità. A Paolo Borsellino piaceva citare liberamente dal Giulio Cesare di Shakespeare una frase secondo cui “è bello morire per ciò in cui si crede. Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. È un paradosso terribile che questi vent’anni abbiano condannato proprio lui a morire molte volte, ucciso in innumerevoli versioni da colpevoli sempre diversi, in un susseguirsi di colpi di scena che ha ormai disorientato anche i più attenti: “È stato Scarantino. No, Spatuzza. È stato Riina; no, i fratelli Graviano. È stato lo stato, lo stato mafia, la mafia stato; il doppio stato. È stato Berlusconi, o perlomeno Dell’Utri. Sono stati i servizi. Deviati. No, quelli ufficiali. Sono stati Ciancimino e Provenzano. Sono stati gli industriali del Nord. È stato il ministro Mancino. Sono stati i carabinieri”. Il fatto è che l’omicidio di Borsellino è ormai diventato uno di quei buchi neri della storia italiana, simile in questo all’affaire Moro, in cui come in un gorgo si annodano e si raccolgono tutti i misteri, i protagonisti, le inconfessabili verità di un momento storico e di un paese che ha sempre avuto molto da nascondere, in primo luogo a se stesso. “Tale è stato il destino del nostro eroe; e l’Italia non è un paese per eroi. La ricerca della verità sul suo assassinio implicava un contributo di onestà, che è stata soffocata. Difficile che si possa recuperare il tempo perduto, perché ormai quella stessa ricerca della verità è strettamente connessa (i luoghi, i palazzi di giustizia, i contesti) con la ricerca delle ragioni della disonestà di chi doveva cercarla. E dunque, diventa un’impresa quasi impossibile.” Ma quello che è possibile fare è scavare nel mosaico sepolto, separare le tessere vere da quelle false, ripulire, rimetterle in ordine e raccontarle. È ciò che Enrico Deaglio ha fatto in questo libro.

L'AUTORE Enrico Deaglio Si è laureato a Torino in Medicina nel giugno 1971, e iniziò a lavorare come medico presso l'ospedale Mauriziano Umberto I. A metà degli anni settanta ha iniziato l'attività giornalistica a Roma, presso il quotidiano "Lotta Continua", di cui è stato direttore dal 1977 al 1982. Successivamente ha lavorato in numerose testate (tra cui "La Stampa", "il Manifesto", "Epoca", "Panorama", "l'Unità") ed è stato direttore del quotidiano "Reporter" tra l'85 e l'86, ed in seguito collaboratore del quotidiano "La Stampa" di Torino. Alla fine degli anni ottanta comincia a lavorare come giornalista televisivo per Mixer: segue in particolare le vicende della mafia in Sicilia e viene inviato per programmi di inchiesta in vari Paesi. Negli anni novanta conduce vari programmi d'inchiesta giornalistica di attualità su Raitre, tra cui: Milano, Italia (gennaio-giugno '94), Ragazzi del '99 (1999), Così va il mondo, Vento del Nord e L'Elmo di Scipio. Dal 1997 al 2008 ha diretto il settimanale "Diario". È fratello di Mario Deaglio, ex direttore de "Il Sole 24 Ore".(Wikipedia)

Nessun commento:

Posta un commento